TEST INVALSI, POLEMICHE SUPERFLUE I maggiori quotidiani nazionali e locali hanno dato molto risalto ai risultati delle prove INVALSI delle scuole campione. Risultati prove INVALSI 2012-13. Confrontando i dati forse c’è da farsi qualche domanda sui risultati. Domande che mi pongo da anni e che i giornalisti non affrontano quasi mai.
I risultati sono differenziati per regione e posizione geografica, visto che l’Italia sembra ineluttabilmente divisa tra Nord, Centro, Sud e Isole maggiori e la geografia sembra avvalorare una disparità che è soprattutto sociale e “culturale”, oltre che per ordine di scuola (i Licei meglio dei Tecnici, a loro volta meglio dei Professionali).
La stampa sottolinea che i risultati migliori vengono dalle scuole del Nord Est e hanno come punta di eccellenza le province di Trento e Bolzano; a queste scuole seguono quelle del Centro, del Sud e delle isole.
Si sottolineano le performance dei licei, comparati, come al solito, ai tecnici e ai professionali per rilevare che le differenze sono notevoli (15% e anche 16%) tra un ordine di scuola e l’altro, gap che si concretizza in un divario del 30% e più a favore dei licei nei confronti dei professionali.
Perché? Qualche giornalista cita le affermazioni di qualche preside sconfortato. Tutti giungono alla conclusione: risultati migliori = scuole migliori.
Noi invece osserviamo che:
1. L’INVALSI non valuta, si limita a misurare. Le polemiche sui test non avrebbero senso se si considerasse che essi non sono l’unico metro di misurazione: essi sono però l’unico termine di riferimento uguale per tutt’Italia (perfino per le anomale province di Trento e Bolzano che adottano normativa e organizzazione diversi dal resto d’Italia). Quindi, se non altro, i test INVALSI sono un utile sistema di confronto che andrebbe usato per indagare e fare valutazioni di tipo tecnico. Esistono altre valutazioni però.
Perché questi risultati? C’è un grosso equivoco di fondo: i test non possono valutare, ma solo misurare. Se si misurassero le performance degli studenti a inizio anno scolastico e poi a fine anno scolastico, la comparazione dei risultati potrebbe dirci qualcosa, anzi molto, direi, riguardo all’apprendimento degli studenti. Che non dipende solo dall’insegnamento, anzi… Chi è genitore sa quanto incidano sull’apprendimento le dinamiche del gruppo classe, le vicende familiari, i condizionamenti socio-culturali. E meglio ancora lo sanno gli insegnanti. I risultati dei test proposti alle seconde e alle quinte della stessa classe della scuola primaria dovrebbero essere accuratamente confrontati e analizzati in tutte le loro implicazioni (avvicendamento degli insegnanti, caratteristiche del gruppo classe, presenza di fenomeni come bullismo e simili…ecc.). Per i livelli di scuola successivi ciò non sarebbe più possibile in quanto i gruppi classe, inevitabilmente spezzati, non sono più comparabili. Ma per classi dello stesso ordine di scuola ciò si potrebbe fare agevolmente: oltre che alla primaria, che già prevede due somministrazioni in età diverse, anche nella scuola secondaria di I grado (ex scuola media) ciò sarebbe possibile comparando i risultati della classe prima con quelli dell’esame di terza.
2. Le scuole superiori selezionano i loro alunni (o meglio gli alunni e le loro famiglie si auto-selezionano) non in base alle attitudini, come sarebbe auspicabile, ma in base al loro profitto nei precedenti livelli frequentati.
Il meccanismo di scelta dell’ordine di scuola e di selezione di un istituto seguiva (e segue ancora nella maggioranza dei casi) una semplice regola: i migliori (all’esame di terza media, ma la selezione avviene anche in base a risultati precedenti) si indirizzano ai Licei, gli studenti meno forti ai tecnici e i peggiori, compresi gli studenti con difficoltà di apprendimento, sono indirizzati verso gli istituti professionali. Lo stesso avviene se si sceglie un istituto prestigioso (nelle città più grandi dove esiste la possibilità di scelta) dove addirittura si è parlato di adottare test d’ingresso per l’accesso a tali istituti (v. in questa pagina “Test d’ingresso ai licei? Meglio orientare e valorizzare i talenti” https://www.facebook.com/pages/Scuola-e-Istruzione-a-5-Stelle/304102573051917).
E allora? Come interpretare le“valutazioni” delle prove INVALSI in questo scenario?
3. Il bambino che entra nella scuola Primaria non è una “tabula rasa”, ma ha al suo attivo sei anni di apprendimento, che, a detta dei maggiori pedagogisti, psicologi, etologi ed etnologi, sono i più importanti dell’esistenza di un individuo e ne condizionano in modo decisivo tutta la vita futura. L’affermazione della preside Zamboli di Napoli che dirige ben due diversi istituti scolastici, (“Ci sono i bambini che in seconda elementare non conoscono il significato delle parole semplici. Quelli che dobbiamo andare a prendere a casa tutti i giorni perché vengano a scuola, i ragazzini segnalati dai servizi sociali…”) ci dovrebbero illuminare e richiamare alla memoria le teorie dell’apprendimento linguistico che tutte (anche se con diversa eziologia) rilevano che il linguaggio si apprende fin dalla nascita e che gli apprendimenti grammaticali iniziano a strutturarsi dai tre anni di vita in poi.
Quando un bambino di sei anni entra nella scuola ha già strutturato le sue abilità linguistiche di base. Ecco che le prove INVALSI proposte in seconda elementare “misurano” soprattutto abilità che non si sono formate in base all’insegnamento scolastico. A ciò si potrebbe aggiungere lo svantaggio sociale, che in alcune zone (soprattutto nel Sud e nelle isole) è molto forte, e altri problemi endemici di alcuni territori.
Ma la conclusione è sempre la stessa: le scuole del Sud e delle isole sono meno “buone” di quelle del Nord Est.
Non sarà invece che nel Nord Est i bambini quando vanno a scuola conoscono già l’italiano meglio dei bambini di altri territori? (stesso discorso per la matematica visto che i quesiti sono espressi in italiano).
Non sarà invece che le difficoltà economico-sociali condizionano pesantemente il modo di vivere delle famiglie di certi territori e conseguentemente anche l’apprendimento dei bambini?
CONCLUSIONI
Non vorrei dare l’impressione che quanto detto renda inservibili le prove INVALSI. Non lo penso, anzi ritengo che esse siano un utilissimo elemento di rinnovamento della scuola italiana, se somministrate in modo corretto e, soprattutto, interpretate alla luce di queste considerazioni:
le prove INVALSI servono solo a “misurare” non certo a valutare. Ciò servirebbe a sfatare nei confronti di questi test una serie di pregiudizi e di resistenze che ritengo del tutto infondati.
Bisogna che sia più chiaro, soprattutto agli addetti ai lavori, che i test sono solo uno degli elementi di misurazione. Gli altri dovranno essere cercati nei contesti linguistici territoriali e/o familiari. Pochi sanno che l’INVALSI è stato chiamato a monitorare il progetto sperimentale “Valutazione e Miglioramento” che analizza in modo semplicissimo e del tutto anonimo i contesti socioculturali di riferimento. Di questo progetto non si conoscono ancora i risultati, ma questa pagina li riporterà e commenterà non appena pubblicati.
Avere ben chiaro che la struttura socio-economica e culturale condiziona le scelte scolastiche degli alunni, influenza le loro motivazioni determinando il formarsi delle strutture di apprendimento di base che precedono l’età scolare. Se alcune scuole o alcune regioni hanno risultati migliori, molto spesso ciò avviene perché accolgono alunni che sono migliori già in partenza.
Avere alunni migliori e buoni risultati di apprendimento non sempre è correlato alla qualità dell’insegnamento, anzi, a mio parere, gli insegnanti migliori sono quelli che hanno alunni più difficili. Essi sono bravi se li aiutano a trovare le giuste motivazioni per imparare. Spesso questo compito è difficilissimo.
Per rendere queste prove INVALSI meno contestabili e più efficaci, secondo me, si dovrebbe:
- sfatare l’errata convinzione che le prove INVALSI valutano: esse invece si limitano a misurare perché non hanno tutti gli elementi per effettuare una vera valutazione (solo la scuola può tentare una valutazione), evitando inutili confronti, ma lavorando per raggiungere finalità di miglioramento.
- focalizzarsi sui confronti tra prove proposte in età diversa agli stessi alunni per misurare l’efficacia dell’apprendimento scolastico;
- investire di più nella scuola dell’Infanzia, potenziandola e permettendone l’ingresso a tutti. I progressi concreti si vedranno nel giro di pochi anni.
I dati sono consutabili alla pagina web http://www.invalsi.it/invalsi/statapp.php?page=snv12-13
Mariateresa Manara